ABBAZIA DI SAN GALGANO. Chiusdino (SI)
La storia di questi luoghi risale al XII secolo Galgano era un giovane di nobile famiglia senza regole. La leggenda dice che fu visitato in sogno dall'Arcangelo Michele che lo converti', come segno di rinuncia ad una vita dissipata, Galgano conficcò la spada in una roccia, per poterne adorare l'elsa come croce di Cristo. Galgano divenne poi monaco cistercense e intorno alla roccia con la spada fu eretto l'eremo di Montesiepi.
L'edificio, costruito intorno al 1185, e' a pianta circolare con le pareti ed il tetto a forma di cupola. Nell'oratorio adiacente si possono ammirare affreschi di Ambrogio lorenzetti.
In pochi anni l'eremo acquistò un'enorme importanza, diventando troppo piccolo.
Sullo spiazzo sottostante, tra il 1224 e il 1228, fu costruita la grande Chiesa, lunga 72 metri e larga 21, in stile gotico cistercense. Tra il XIII e il XIV secolo l'Abbazia di San Galgano godette di grande potenza, poi iniziò la decadenza. La struttura rimase in abbandono fino a che, nel 1786, crollò il campanile, travolgendo anche in parte il tetto. divenne l'Abbazia a cielo aperto.
SIENA SOTTERRANEA
Quello che nasconde la Toscana nelle sue profondità più intime nessuno lo sa. Raramente si parla del patrimonio di enorme valore che questa regione custodisce sottoterra, labirinti fatti di grotte, necropoli etrusche, ma anche di miniere e cunicoli, di bottini e gallerie ricavate nel tufo.
Tutto un mondo sotterraneo che a ben cercare, è possibile percorrere e scoprire per vedere una faccia davvero inusuale ed originale della nostra Toscana.
Come non cadere ad esempio vittime del fascino discreto dei "bottini" e delle fonti sotterranee della bella Siena?
Nel suo sottosuolo svela ai visitatori un acquedotto, ancora oggi percorribile a piedi in alcuni tratti, di elevata qualità ingegneristica e creativa, costituito da cunicoli che corrono per ben 25 chilometri sotto le abitazioni e le chiese della città allo scopo di portare acqua alle fonti medievali e ai pozzi. La parola "bottino", che deriva dal termine latino del 1200 "buctinus", si riferisce al fatto che queste gallerie avevano la volta a botte.
I cunicoli venivano scavati al centro dei due strati geologici che costituiscono il terreno tipico della zona senese, ovvero quello superiore sabbioso da cui filtra l'acqua piovana e quello inferiore più duro, fatto di argilla, a sostenere l'apertura. Qui si creava il "gorello" (canaletto) con i docci di terracotta, su cui scorreva l'acqua verso le fonti.
Ancora oggi molti bottini in prossimità della città sono funzionanti e conducono acqua alle fonti di Siena, tra le quali la più rilevante è senz'altro Fonte Gaia, in Piazza del Campo, oggi considerata una delle maggiori opere scultoree del Quattrocento. Peccato che per visitare questi bottini sia necessario avvertire con mesi di anticipo il Comune, ma per chi volesse saperne di più, c'è sempre il neonato Museo dell'Acqua a Siena presso la Fonte di Pescaia, dove sono esposti e spiegati tutti i segreti dell'acquedotto senese.
Tra le meraviglie "underground" che riserva la Toscana, anche i numerosi Parchi archeominerari disseminati soprattutto nella zona di Grosseto e Livorno, come quelli di Montieri e Gavorrano e quello di San Silvestro a Campiglia Marittima. Se invece siete dalle parti di Lucca e della Garfagnana, prendetevi un'ora per scendere nelle meravigliose viscere della Grotta del Vento di Vergemoli, dove vi ritroverete ad ammirare a bocca aperta migliaia di stalattiti e stalagmiti dai colori candidi che vi catapulteranno in un vero e proprio mondo incantato parallelo.
INFO :
www.ladianasiena.it
www.grottadelvento.com
ABBADIA ISOLA - UNA CHIESA SPETTACOLARE
A poco più di tre chilometri dalla città fortificata di Monteriggioni, sorge un piccolissimo
borgo che conserva un ricco patrimonio storico e che, nel corso dei secoli, ha accolto
e ospitato i pellegrini che percorrevano la Via Francigena.
Si tratta di Abbadia Isola,
che prende il nome dalla sua posizione sopraelevata rispetto al territorio circostante,
anticamente paludoso, e che sorgeva attorno all'abbazia cistercense di San Salvatore,
considerata, ancora oggi, il piccolo tesoro del borgo.
L'abbazia si trova al centro del
complesso fortificato di Abbadia a Isola e fu costruita al posto di un precedente edificio
ecclesiastico realizzato prima del 1001.
Oggi l'abbazia si presenta come una basilica a
tre navate, coperta a tetto con la cripta e chiusa da una tribuna a tre absidi. L'interno
è diviso in tre navate, secondo lo stile lombardo diffuso nelle abbazie benedettine
valdelsane.
L'abbazia di Abbadia Isola conserva ancora il suo tesoro artistico: la
suggestiva scalinata centrale; il fonte battesimale istoriato del 1419; l'affresco con
l'Assunzione della Vergine, di Vincenzo Tamagni, datato 1520; la monumentale Pala
di San Cirino, dipinta da Sano di Pietro, risalente al 1478 e recentemente restaurata e
un'urna reliquiario in marmo, esempio di arte classica romana e risalente al I secolo
dopo Cristo.
Inoltre, da questa chiesa proviene la grande tavola con Madonna in trono
con Bambino, cherubini, angeli e santi, attribuita a Taddeo di Bartolo e risalente alla
fine del XIV secolo. L'opera, oggi, si trova nel Museo civico e diocesano d'arte sacra di
Colle di Val d'Elsa.
LE CRETE SENESI
Le Crete Senesi assomigliano ad un mare ondoso tinto di rosso, di giallo o di verde smeraldo a seconda delle stagioni; oppure ad un deserto dalle dune a tinte forti, arido, surreale. Un paesaggio straordinario, unico al mondo, dove ci si perde volentieri in ogni stagione dell'anno lungo itinerari da vivere con i giusti tempi a dir poco incantati.
Siamo al sud della città di Siena in quel territorio che nel Medioevo era conosciuto come "Deserto di Accona" poiché niente vi cresceva a causa delle scarse precipitazioni, tranne girasoli, foraggio e grano. Una zona questa che oggi è la parte più inospitale delle Crete, ma che regala al viaggiatore paesaggi di raro fascino ed intensa bellezza, replicati all'infinito nelle cartoline che da anni fanno volare nel mondo il sapore più autentico della Toscana country.
Un territorio incredibile che deve il suo fascino speciale a questo alternarsi surreale di calanchi e biancane: i primi sono i lunghi solchi tipici dei terreni argillosi, le seconde sono invece quelle formazioni a cupola di colore chiaro e ricche di sali e sodio, che conferiscono alla regione un aspetto spoglio.
Non è dunque magia quella che rende così affascinanti e incredibili le Crete Senesi, ma il frutto della sapiente mani della natura.
Quando sarete al cospetto di questi paesaggi avrete subito, fortissima, la sensazione di conoscere già il luogo, grazie alle cartoline di cui parlavamo prima. Ma tutt'altra cosa dal vederlo su carta è viverlo e scoprirlo, percorrendo in ogni direzione le sue sinuose strade che profumano di grano e che conducono in borghi splendidi quali Asciano, Buonconvento, Monteroni d'Arbia, Rapolano e San Giovanni d'Asso; ognuno con i suoi tesori e le sue particolarità.
Acque termali, affreschi, abbazie, chiese e monasteri e prelibati prodotti della tavola quali la chianina e il tartufo soprattutto. San Giovanni d'Asso, nel cuore del territorio è rinomato nel mondo proprio per il tartufo, considerato non a torto "l'oro bianco" di queste terre brulle. Un prodotto d'eccellenza del made in Tuscany da gustare al meglio accompagnato magari da un eccellente olio extra vergine d'oliva o dagli straordinari e ricercati formaggi, soprattutto pecorini, che si producono in zona secondo le più antiche tradizioni della pastorizia.
E l'autunno è la stagione perfetta per vivere a 360 gradi i sapori delle Crete Senesi. Novembre è infatti il mese di "Crete d'autunno" e della Mostra Mercato del Tartufo Bianco, quello perfetto per scoprire la buona tavola e gli straordinari prodotti di questo territorio non solo bello, ma anche buono. Tornando al bello eccoci arrivare a Buonconvento dove è d'obbligo un giro nell'originale Museo della Mezzadria dove sono ricostruiti tutti i segreti della ruralità toscana.
Ma uno dei tesori più belli in assoluto, posto proprio nel cuore delle Crete Senesi, è senza ombra di dubbio l'Abbazia di Monteoliveto Maggiore nei pressi di Asciano: un vero e proprio gioiello dell'arte religiosa del Trecento, immerso tra cipressi, querce e pini, su di un'altura che domina tutto il paesaggio intorno e dove la magia dell'eremitismo mistico è fortissima.
In questo monastero fondato da San Bernardo Tolomei, ancora oggi vive in ritiro una comunità di Benedettini: l'atmosfera di sacralità travolge i visitatori che giungono qui da ogni parte del mondo per ammirare l'edificio e le numerose opere d'arte che vi sono custodite, dai suggestivi affreschi del Signorelli e del Sodoma, alle terrecotte dei Della Robbia. a tant'altro, tutto da scoprire, passo dopo passo sono le Crete Senesi.
MONTALCINO
Montalcino è un antico borgo medioevale sulle colline della Val d'Orcia - a
quasi 600 metri sul livello del mare.
Un ambiente incantato, riconosciuto, nel
2004, "Patrimonio Mondiale dell'Unesco". Il paese ha un'estensione territoriale di
243 kmq - una tra le più vaste dell'Italia centrale - e presenta un paesaggio unico
con un fitto manto boschivo intervallato da aree pianeggianti con le tradizionali
coltivazioni di viti e olivi.
Le origini del borgo sono antecedenti all'anno mille,
quando la vicina Abbazia di Sant'Antimo era uno dei monasteri più potenti della
Toscana.
Il crescente aumento demografico portò a un grande sviluppo e nel 1361,
dopo alterne vicende, gli abitanti di Montalcino divennero cittadini della potente
Siena che fortificò il borgo rinforzando le mura e costruendo la Rocca. Montalcino
fu elevata al rango di città e diocesi nel 1462 da Enea Silvio Piccolomini - salito al
soglio Pontificio come Pio II.
La prima cosa che si nota, appena giunti nel borgo, è
l'imponente castello - ancora intatto. La struttura presenta una pianta pentagonale
con torri a tutti gli angoli e un camminamento di ronda, interamente percorribile.
Dall'alto delle mura, si domina tutta la città e un suggestivo panorama a perdita
d'occhio.
La costruzione del castello iniziò nel 1361 sulle vecchie mura cittadine
del 1200 - incorporando il mastio di S.Martino, il torrione S.Giovanni e un'antica
basilica. Sul lato sud si estende il possente bastione mediceo, aggiunto da Cosimo alla
metà del 1500. Consigliamo la visita ai Musei Civici di Montalcino che si trovano
nei locali del Convento di Sant'Agostino e presentano una vasta e interessante
Raccolta Archeologica, Medievale e Moderna. Fra le numerose chiese, la cattedrale
neoclassica, San Salvatore, e il Santuario della Madonna del Soccorso e S. Egidio
- la chiesa "de' senesi".
Questa chiesa, dedicata alla patrona della cittadina, è
situata su uno dei punti più panoramici della zona, un balcone privilegiato sulla
campagna toscana. Interessante anche il Palazzo Comunale - fine XIII secolo - una solida struttura affiancata da un campanile moto alto con il "Campanone" che ancora
oggi scandisce la vita del paese.
A nove chilometri dal centro, in direzione di Castelnuovo dell'Abate, consigliamo una visita alla solitaria Abbazia di S. Antimo - uno dei
più alti esempi di romanico-francese presenti in Italia. A Montalcino, i buongustai troveranno "pane per i loro denti", come si dice in Toscana. Il paese è particolarmente
apprezzato per i vini pregiati, con il Brunello in testa, ma anche per le produzioni di miele, olio extravergine di oliva, salumi tipici e formaggi che possono essere degustati
presso i caratteristici ristoranti e le enoteche o in occasione delle sagre paesane. Nel primo fine-settimana di settembre, nella fortezza, una tre giorni tutta dedicata al Miele;
mentre, l'ultima domenica di Ottobre, appuntamento con la "Sagra del Tordo", per rivivere la cultura locale fra tradizioni e ricette culinarie.
LA VALDELSA
Scoprendo la Valdelsa fra storia e luoghi magici.
E'difficile trovare in un'altra parte d'Italia un territorio che racchiude in se, quasi gelosamente, come in uno scrigno, una storia viva e vitale come in Val d'Elsa e tutto questo non solo per le architetture intatte di un passato che fu ben in mostra in almeno tre luoghi spettacolari quali San Gimignano, Monteriggioni e Colle Val'Elsa, ma perché in questa splendida zona del senese, la storia non è mai declinata al passato, ma è un libro vivo dove se ne può sfogliarne le pagine semplicemente parlando con le persone o lasciandosi inebriare dai profumi o incantare dai paesaggi: la storia qui è semplicemente quello che dev'essere: capirne le ragioni per conoscere ed apprezzare il prossimo e il presente.
Ma la Val d'Elsa non è solo la magia dei tre borghi appena menzionati universalmente conosciuti, ma la siscopre al meglio in luoghi meno eclatanti, ma forse anche per questo più "intatti" quali Casole e Radicandoli ad esempio, con le loro mura, i loro chiassi, le ville romane ed un ritmo interiore d'altri tempi e perché no, in Poggibonsi luogo tutto da svelarsi in cui la storia ha giocato da sempre "a rimpiattino" e dove pur essendo radicate le vicende più antiche e complesse e bellezze spesso sfuggenti, il progresso si è inserito fortemente e la memoria rimanda più alle modernità che alle vetustità.
Terra tutta d'amare e ricca di sorprese in cui è compresa anche quella straordinaria visione turrita descritta da Dante Alighieri fra lo stupito e l'impressionato nel XXXI canto della Divina Commedia e per questo consegnata al mito: "Però che come sulla cerchia tonda Monteriggioni di torri si corona, così'n la proda che 'l pozzo circonda torreggiavan di mezzo la persona li orribili giganti, cui minaccia Giove dal ciel quando tona."
Torri quale elemento architettonico dominante che in un alternarsi ai cipressi, alle vigne e agli ulivi disegna un paesaggio creato con armonia anche dall'uomo. Da San Gimignano, città delle belle torri (un tempo se ne contavano 72) a Casole d'Elsa dove svetta la torre della Rocca e quella di Monteguidi fino alle turrite dimore di Poggibonsi e del Castello di Badia per finire a Monteriggioni che rappresenta l'esempio più suggestivo di cerchia muraria ancora intonsa in Italia: edificata tra il 1212 e il 1219 che rappresenta il tentativo (fallito) di fortificazione
senese controllo della via Francigena per contrastare l'espansione fiorentina.
Tutto questo
è la Val d'Elsa. I ricordi delle battaglie, il tuonar degli eserciti l'uno contro l'altro armati,
lo scoccare della storia sulle vie selciate, la vita, la morte, le disfatte, le rinascite...
Tutto
questo è la vita e tutto questo è magicamente presente, in ogni angolo ed in ogni pietra della
Valdelsa. Da scoprire in armonia con anima e cuore.
AREZZO
Arezzo sorge su un colle, in prossimità della confluenza di tre valli: Valdarno, Casentino e Valdichiana.
Già fiorente in epoca etrusca e romana, soprattutto per la lavorazione e il commercio della"terra sigillata" (una particolare ceramica laccata color corallo),Arezzo e' città d'arte, ma non solo: e' sede di importanti attività artigianali (ricordiamo i manufatti d'oro), e coltiva da sempre una
vocazione agricola.
Libero comune dal 1098, la ghibellina Arezzo ebbe grande influenza e potere sui castelli del contado; sbaragliata dai Fiorentini nella battaglia di Campaldino nel 1289, fu portata a nuovo splendore dalla Signoria del vescovo Tarlati.
Risalgno a questa nuova "età dell'oro" i più significativi edificiche ornano la città, da San Francesco al Duomo, maestosa costruzione gotica che domina la città, alla Fortezza.
Alla morte del Tarlati, nel 1384, cominciò per la città una rapida decadenza, fino alla perdita definitiva di libertà ed autonomia nel 1384, quando fu venduta a Firenze per 40000 fiorini d'oro. Ma anche durante il dominio mediceo non smise di essere abbellita e dotata di importanti monumenti. Conoscere bene questa città significa percorrere il suo centro storico suggestivo, ammirare i palazzi, le chiese ed i musei colmi di opere d'arte.
Il museo archeologico annovera una ricchissima collezione di decantatissimi vasi corallini, i primi vasi da mensa che sostituirono sulle tavole romane quelli d'oro e d'argento.
La chiesa di San Francesco vanta i muri più famosi del mondo, decorati dalla leggenda della Croce affrescata da Piero della Francesca, topos della pittura del primo rinascimento italiano. Piazza Grande invece e' incoronata dall'abside romanica della Pieve di Santa Maria e dalle grandiose logge vasariane.
Tutto da visitare, se possibile, l'ultima Domenica di Agosto, quando si corre la " Giostra del Saracino". Torneo celeberrimo, nato nel XIII secolo, la Giostra e' un affascinante spettacolo scenografico, scandito da un corteo di armati in costume. Un vero e proprio esercizio di armi e equitazione che si svolge contro la mole di un automa corazzato ed armato di flagello, il "Saracino".
L'abilita' degli otto cavalieri, che rappresentano i quattro antichi rioni della città, sta nel colpire lo scudo del Saracino evitando nel contempo il contraccolpo inferto dall'automa nel girare su se stesso per effetto di
un perno.
L'affascinante spettacolo si replica la prima Domenica di Settembre. E sempre sulla piazza Grande, tutte le prime domeniche del mese, si tiene l'ormai famosa Fiera Antiquaria, che dilaga con le sue bancarelle per tutto il centro storico: un appuntamento da non perdere per gli appassionati.
MONTEPULCIANO
Montepulciano, immersa fra splendidi vigneti, ci accoglie con la sua magica atmosfera ricca d'arte, di storia e di cultura. La città, d'origine etrusca, si trova all'incrocio di due importanti vie di comunicazione: da Chiusi ad Arezzo, sull'asse sud-nord, e dalla Valdorcia alla Valdichiana e al Trasimeno - sull'asse est-ovest.
Questa collocazione strategica al confine dell'area di influenza di vari potentati medievali, come Orvieto, Perugia, Siena e Firenze, le permise di mantenere una certa autonomia - offrendo la sua alleanza alle maggiori città in perenne conflitto tra di loro.
Dopo il 1511, Montepulciano passò sotto Firenze e ne seguì le vicende storiche fino all'Unità d'Italia. La città si sviluppa su una linea di crinale.
Il Corso Centrale - una salita di un chilometro e mezzo - va da Porta al Prato fino alla Piazza Grande con un dislivello di una cinquantina di metri. Il nostro itinerario parte dal parcheggio di Piazza Don Minzoni, proprio davanti alla sede dell'Apt - dove troviamo molte informazioni e un'utile carta della città. Visitiamo subito la vicina Chiesa di Sant'Agnese, patrona della città, e quindi varchiamo le mura cittadine da Porta al Prato.
Cominciamo a salire lungo il Corso, cuore della città cinquecentesca, e improvvisamente ci troviamo in un museo all'aria aperta. Si susseguono imponenti palazzi fra i quali risalta Palazzo Bucelli che presenta, sul basamento, lastre con iscrizioni etrusche e latine insieme a urne cinerarie.
Nel 1781, infatti, molti reperti della zona furono acquistati per le Gallerie Granducali, e varie lapidi vennero incastrate alla base di questo palazzo cinquecentesco, che rappresenta ancora oggi una testimonianza di arredo urbano con materiale archeologico. Più avanti, troviamo la Chiesa di Sant'Agostino, progettata da Michelozzo, con elementi umanistici e tardo gotici. Di fronte a essa, l'insolita Torre di Pulcinella, con la celebre maschera napoletana che scandisce le ore.
Passiamo da piazza delle Erbe, centro economico della città cinquecentesca, con le Logge del Grano - attribuite a Ippolito Scalza. In cima al Corso, in leggera pendenza, troviamo Piazza Grande - sistemata verso la fine del '400 da Michelozzo.
Sulla piazza si affacciano i principali monumenti di Montepulciano. La Cattedrale, il Palazzo Comunale, il Palazzo del Capitano del Popolo e lo straordinario Pozzo dei Grifi e dei Leoni – ritenuto uno dei più belli d'Italia. Ci guardiamo intorno e respiriamo un'atmosfera magica, sospesa nel tempo. Non è un caso se proprio qui sono state girate molte scene del film "New Moon" - della Saga di Twilight.
La Cattedrale è incredibilmente semplice: la sua grandezza monumentale è affidata soprattutto al gioco delle linee e delle forme, mantenendo una grande sobrietà anche al suo interno che si presenta quasi spoglio. Il Palazzo Comunale, con la sua torre centrale e il coronamento merlato, richiama le linee di Palazzo della Signoria a Firenze. Fu costruito dal Michelozzo fra la fine del 1300 e la prima metà del 1400.
Il Palazzo dei Nobili Tarugi è attribuito ad Antonio da Sangallo il Vecchio. A fianco si trova il Palazzo del Capitano del Popolo di impianto gotico, di fronte al quale troviamo il Pozzo dei Grifi e dei Leoni.
Al nostro itinerario manca una tappa d'obbligo - di natura enogastronomica. Torniamo indietro scendendo attraverso le cantine Talosa, scavate nella roccia e nel tufo, dove finalmente possiamo apprezzare un'altra eccellenza locale: il vino Nobile di Montepulciano, un'importante produzione DOCG famosa in tutto il mondo.
IL SEGRETO DI PULCINELLA IN MONTEPULCIANO
Lungo il Corso che attraversa il centro storico, di fronte alla Chiesa di Sant'Agostino, si trova la Torre di Pulcinella, che risale probabilmente alla metà del 1500.
Sulla sua
sommità, appare a sorpresa una statua di Pulcinella, collegata con un meccanismo
all'orologio sottostante che, ogni ora, fa muovere il braccio della celebra maschera
napoletana che scandisce così le ore sulla campana.
Ma com'è arrivato Pulcinella
a Montepulciano? Non si sa come siano andate le cose. Secondo una leggenda, sarebbe stato un sacerdote di Napoli a volere la statua di Pulcinella, all'inizio del
1600, sostituendo, pare, una precedente scultura che raffigurava il "Mangia" -
famoso custode e campanaro dell'omonima torre senese.
Del primo e originale
Pulcinella si sono però perse le tracce. L'attuale statua, realizzata in legno e lamiera,
risale, infatti, ai primi del 1700.
CINTOIA
In direzione di Dudda sui crinali del Chianti, provenendo dalla strada Chiantigiana è Cintoia
con il suo fu castello già torre di guardia longobarda e poi struttura difensiva di parte guelfa di
cui rimane oggi un piccolo borgo. Lunga e travagliata è la storia del luogo.
Nel 1260 il castello
subì un incendio, nel 1356 venne assediato e saccheggiato e 8 anni più tardi riusci a resistere
per molto tempo all'assalto dei pisani. Del resto il toponimo stesso rimanda ad un origine molto
antica. Forse romana in quanto cintoia si riferisce alla superficie di terreno di una "centuria"
che corrisponde a 200 iugeri, che traducendo dalle unità di misura romane corrispondeva
a circa 50 ettari.
L'altra ipotesi è che Cintoia rimandi all'origine longobarda di "centena",
ovvero una ripartizione amministrativa rurale del periodo altomedievale. Del castello oggi non
rimane quasi niente, ma l'abitato che lo circonda lascia intravedere archivolte, porte, finestre, e
murature dell'epoca fra cui spicca, scolpita su un muro, una croce gerosolimitana che rimanda
all'esistenza di un ricovero per viandanti.
Oggi Cintoia è famosa sopratutto per la sorgente
d'acqua, situata a circa 600 metri sul livello del mare e circondata da un vasto ed integro
comprensorio boschivo. Paesaggio boschivo quasi integro e dominato dalla splendida Villa che
appartenne fin dai tempi antichi ai del Vernaccia, originari del luogo e trasferiti poi nel Trecento
a Firenze per esercitare l'arte della "mercatura".
La villa fu costruita, seguendo una moda del
tempo, nel 1708 da Piero Antonino Del Vernaccia figlio del senatore Piero Ugolino e di Laura,
figlia di Piero Capponi. Fu lui a costruire anche la Cappella dedicata a San Antonino che nel
1400 aveva trascorso un lungo periodo proprio a Cintoia.
La villa oggi conserva pressochè
inalterato il suo aspetto settecentesco sia all'esterno con la facciata scandita da eleganti finestre
decorate con piccole volute; al centro di cui è un imponente scalinata a doppia rampa da cui si
accede direttamente al piano nobile; e all'interno con saloni che mantengono ancora i grandi
camini in pietra serena e gli stucchi e gli affreschi alle pareti e ai soffitti. Appartenendo questo
territorio al Contado fiorentino il comune fu alle dipendenze della Repubblica di Firenze e
quando questa, verso il 1250 volle dare una autonomia amministrativa a questi comuni, li
raggruppò in Leghe e scelse Cintoia per sede.
La lega di Cintoia durò molti secoli è fu soprressa
solo nel 1773 dal Granduca Pietro Leopoldo. Da quella data Cintoia, perso il suo comune e la
sua importanza strategica divenne un piccolo defilato borgo al confine fra Chianti e Valdarno.
I suoi poco più che 200 abitanti continuarono a coltivare la terra fra vigne, boschi ed uliveti.
Un isolamento dal tempo e dalla storia che ha giovato al luogo rendendo così Cintoia, uno
splendido ed intonso borgo ricco di fascin
SAN DONATO IN POGGIO
Uno dei luoghi più magici e ricchi di suggestione del Chianti. Uno di quei borghi in cui
la vita pare si sia cristallizzata a molti secoli fa.
La sua nascita, crescita e potenza è dovuta
dall'essere geograficamente sull'importante strada che univa Firenze e Siena nel Medioevo,
strada che all'epoca passava anche per la Val d'Elsa.
Superato San Casciano, quest'importante
autostrada antica che univa la città del giglio con la via Francigena si biforcava; dando così
origine a due distinti percorsi che però giungevano entrambi a Siena ed entrambi erano
denominati "via romana". Sulla strada che si snodava sul crinale delle colline dividendo
la Val di Pesa dalla Val d'Elsa, era il "castello di San Donato "De Pocis" che, proprio
per il suo trovarsi lungo l'importante arteria viaria, divenne ben presto, dopo Barberino, il
principale centro abitato della "Lega di Barberino Val d'Elsa", tanto che nei secoli XIII e XIV
fu a capo di uno dei Terzieri in cui quest'ultima venne suddivisa.
San Donato in Poggio ha
conservato quasi intonsa la sua tipica struttura urbana di medievale "terra murata".
E' un insediamento d'altura, circondato da mura duecentesche intervallate da torri, con un centro
urbano omogeneo in cui domina la pietra ed è tagliato da una via principale che collega le
due porte di accesso al borgo. Perdersi all'interno di queste alte mura protettive è davvero
un'esperienza vera. Sarà come veder sbucare ad ogni angolo frammenti di vita medievale.
Da osservare, oltre all'alta torre che doveva svolgere funzioni di cassero, diversi edifici civili
medievali conservati ottimamente con tanto di elementi tecnico-decorativi quali archivolti,
architravi e rivestimenti murari riferibili tutti almeno al XIII secolo. Nella piazza principale
del castello si affaccia il rinascimentale Palazzo Ticci, poi Malaspina, oggi ricostruito dopo
i danni causati nel corso dell'ultima guerra mondiale, l'elegante pozzo esagonale con la
sottostante cisterna pubblica ricostruita nel 1867 che in passato costituiva l'unica riserva
idrica di San Donato e la gotica Chiesa del castello dedicata a Santa Maria della Neve. Ma
è all'esterno delle fortificazioni, fuori da Porta Senese l'elemento più importante del borgo;
quello che ha regalato anche il nome al paese ovvero la Pieve romanica ricordata fin dal 989
col nome di "in loco pocie".
"Pocie" e poi "poci" era il nome dell'antico abitato sorto, forse in epoca romana che venne poi trasformato in "poggio" per le caratteristiche geografiche del luogo. La pieve, una delle più antiche
e più intatte non solo del Chianti, ma della Toscana intera vale da sola una visita a San Donato. Tutta in stile romanico toscano è a tre navate terminanti in tre absidi semicircolari ed arricchita da un'imponente torre campanaria. Al suo interno opere di straordinaria mirabilia quali un crocifisso
ligneo su tavola, un fonte battesimale in terracotta invetriata di Giovanni della Robbia datata 1513 ed un acquasantiera in marmo.
BADIA A COLTI BUONO
Il Chianti, cuore della Toscana famoso in tutto il mondo per le sue colline piene di viti e di olivi e per l'ottima produzione di vino e di olio, offre anche un ricco patrimonio naturalistico e storico nella sua parte più alta.
Il Chianti "montano" si estende, in particolare, dal Comune di Gaiole in Chianti verso Arezzo e presenta foreste, ampi prati e numerosi reperti storico-artistici, ancora conservati in piccoli borghi, come Nusenna, e antiche abbazie, tra cui spiccano Badia a Coltibuono, Badia a Montemuro, Badia a Ruoti e Badia di San Salvatore alla Berardenga.
La "cima" più alta del Chianti è Monte San Michele, con i suoi 892 metri, che offre un ricco patrimonio di specie animali e vegetali. L'elemento di maggiore attrazione turistica di tutta l'area è l'abbazia vallombrosana di Badia a Coltibuono, che prende il nome da uno dei due passi montani, insieme a quello del Sugame, a quota 800 metri.
Il monastero di Badia a Coltibuono, conosciuto anche come "Abbazia del Buon
Raccolto, fu fondato nel 1051 e appartenne ai monaci benedettini vallombrosani fino al 1810. Il suo sviluppo più fiorente risale al 1400, sotto Lorenzo de' Medici, prima di essere trasformato in una villa-fattoria e di assumere una funzione di stretto presidio agricolo, mantenuto fino a oggi, visto che ospita un'affermata azienda agricola.
L'area montana del Chianti conserva, inoltre, testimonianze importanti del lungo conflitto fra Siena e Firenze, dal Castello di Monte Luco al Monte Calvo, passando per la rocca di Montegrossi, che domina il territorio del Chianti Classico e del Valdarno. Una visita in questi luoghi riporta indietro nel tempo e fa riscoprire una zona del Chianti meno famosa ma, proprio per questo motivo, ancora intatta e ricca di natura.
I SITI UNESCO
Si chiamano "Patrimonio Mondiale dell'Umanità" e sono quei luoghi che rispondono a particolari
caratteristiche sancite dall'Unesco con una certificazione di bellezza, cultura ed unicità.
Una cosa
non da tutti tant'è che al mondo sono riconosciuti "Patrimonio Mondiale dell'Umanità" solo 890
luoghi.
L'Italia fa la parte del leone con ben 45 siti e la Toscana ne vanta ben 6 e di questi, ben 4,
appartengono alla provincia di Siena. Un primario straordinario che la dice lunga sulle bellezze
delle terre di Siena dato che per diventare un sito Unisco sono ben 10 i rigidi criteri di selezione da
attraversare.
Non proprio una cosa facile quindi ed allora andiamo a scoprire questi gioielli uno ad
uno.
Il centro storico di Pienza, Una città sognata, voluta e costruita da Enea Silvio Piccolomini
che divenne Papa col nome di Pio II e che volle trasformare il suo borgo natio in una città ideale del
Rinascimento. Un luogo splendido nel suo equilibrio architettonico ben bilanciato e suggestivo che
l'Unesco ha deciso di premiare perché rappresenta la prima applicazione umanistica di pianificazione urbana e lo sviluppo della concezione di città ideale giocando un ruolo significativo nei successivi sviluppi urbani in Italia. Pienza ed in particolare il gruppo di costruzioni intorno alla piazza centrale, risultano un capolavoro del genio creativo umano.
Il centro storico di San Gimignano, La città delle belle torri, famosa anche come la Manhattan del medioevo rappresenta un capolavoro del genio creativo umano. E' questa sua caratteristica a renderla unica per l'Unesco al punto da farla essere anche "una testimonianza di una tradizione culturale e di una civiltà oltre ad un eccezionale esempio di complesso architettonico e paesaggistico testimone di importanti tappe per la storia umana." Anche se le sue torri oggi sono solo tredici il fascino e l'aspetto duecentesco che emana dai suoi palazzi, dalle grandi opere d'arte che conserva, dall'essere splendidamente collocata su un colle verde e ridente ce la rende cristallizzata in una magia unica.
Il centro storico di Siena, è iscritto all'Unesco per essere "una straordinaria città medievale. Un capolavoro di dedizione e inventiva in cui gli edifici sono stati disegnati per essere adatti all'intero disegno della struttura urbana, e, inoltre, per formare un tutt'uno con il circostante paesaggio culturale". Siena quindi quale gioiello sviluppatosi lungo la via Francigena; cresciuta nell'arte, nel commercio e nell'economia, fino a divenire colta ed ammirata nel mondo per la sua elegante bellezza gotica, i tanti musei e le 17 contrade in cui batte forte il cuore per il Palio.
Val d'Orcia, Un connubio unico di arte e paesaggio fatto di colline uniche, ammirate e celebrate in mille dipinti e cartoline; colline ora morbide ed ora aspre scolpite dalla natura e dalla mano dell'uomo in cui, come piccole perle, sono incastonati luoghi quali Pienza, Montalcino, Sant'Antimo e Bagno Vignoni tanto per citarne alcuni.
Per l'Unesco "un eccezionale esempio di come il paesaggio naturale sia stato ridisegnato nel periodo Rinascimentale per rispecchiare gli ideali di buon governo e per creare un' immagine esteticamente gradevole. Un paesaggio celebrato dai pittori della scuola senese con la valle raffigurata con la gente che vive in armonia con la natura.
Icone queste del Rinascimento che hanno profondamente influenzato il modo di pensare il paesaggio negli anni seguenti". Un crogiolo di bellezze uniche e straordinarie dove la vita scorre placida da millenni,ma dove tutto è rimasto intatto. Quattro splendide magie della terra di Siena, battezzate dall'Unesco come gioielli dell'umanità, un primato mondiale che è doveroso sottolineare.
BADIA A PASSIGNANO
Silenzio, beatitudine ed ombrosi cipressi sono ciò che a prima vista accolgono il viandante che si avvicina alla maestosa Badia a Passignano; custode fra l'altro delle spoglie mortali del Santo fondatore dell'ordine benedettino: Giovanni Gualberto. Alterne sono le vicende che hanno caratterizzato la millenaria storia del complesso.
Distrutta dai fiorentini nel 1255, ricostruita a partire dal 1266, totalmente rinnovata nel XV secolo, pesantemente manomessa negli ultimi anni del secolo scorso; Passignano ci appare oggi con ben visibili gli elementi architettonici delle diverse epoche che l'anno attraversata. Senz'altro il periodo più buio del Monastero è stato quello seguente alla soppressione napoleonica del 1810, che l'ha vista spogliata di alcuni dei suoi pregevoli capolavori. Custode silente della storia chiantigiana e non solo, Passignano deve ancora oggi del tutto aprire i suoi grandiosi archivi in cui giacciono documenti che potrebbero riscrivere addirittura la storia intera del Chianti.
Notevole per fortuna è il patrimonio artistico rimasto, nonostante il buio periodo napoleonico. Grandiosi innanzitutto gli affreschi conservati all'interno della chiesa: quelli di Alessandro Allori, che nella cappella di Giovanni Gualberto ci propone con pennellata sicura e colori inquietanti un folto gruppo di monaci ed abati, oppure quelli raffiguranti i semplici popolani che ci trasmettono una rappresentazione fedele di quella che era la pittura della seconda metà del XVI secolo.
Interessanti anche gli affreschi realizzati da Benedetto Veli. Artista minore, con il suo Dio padre attorniato da un coro di angeli festanti. Qui vi lavorò anche un giovane, destinato a sicura fama, Domenico Ghirlandaio che a soli ventisette anni rappresentò la grandiosa Ultima cena del Refettorio, ancora un pò statica a vedere il suo stile, ma carica di elementi di notevole impatto simbolico e figurativo.
Gli elementi architettonici che maggiormente colpiscono, sono sicuramente il quattrocentesco chiostro e l'ancora più antica torre-campanile. Il Chiostro di Passignano, con le sue arcate a sesto ribassato su colonne, rappresenta la tipica iconografia dei chiostri fiorentini del Quattrocento.
Dall'esterno la badia ci appare, racchiusa e quasi protetta dai suoi alti cipressi, come un eccesso di torri e smerli che certo nell'insieme non stonano. Bello nel suo colpo d'occhio anche il giardino con il suo "labirinto" di siepi che ci fa gettare l'occhio là, sulla campagna circostante dove corrono diritti i filiari di vite. Badia a Passignano è quindi pronta ad accogliervi, nel rispetto del suo silenzio, della sua quiete, del suo ascetismo spirituale; millenaria custode della storia chiantigiana.
SAN GIMIGNANO
Il palazzo comunale fu costruito nell'ultimo decennio del Duecento; la prima riunione del Consiglio vi si tenne il 23 dicembre 1288.
Prima di allora la Curia del Podestà non aveva una sede fissa e si riuniva o nel coro della Pieve o nel palazzo dei Paltroncini in Piazza della Cisterna.
Il cosiddetto Palazzo antico del Podestà, situato in Piazza del Duomo, di fronte alla Collegiata, apparteneva invece alla famiglia Mantellini che lo affittava come dimora del Podestà, e fu acquistato dal Comune solo nel 1320 con lo scopo di alloggiarvi gli ospiti del Comune stesso.
Il palazzo venne poi trasformato in teatro e la torre annessa, detta La Rognosa, alta 51 metri, prima una prigione, fu munita di orologio nel 1407.
L'attuale palazzo Comunale, in piazza del Duomo, di fianco alla Collegiata, dieci anni dopo la sua edificazione fu munito di torre, la Torre Grossa, alta circa 54 metri, la cui costruzione terminò nel 1311.
L'edificio venne ampliato nel 1323. Il palazzo, erroneamente attribuito ad Arnolfo Di Cambio, ha una struttura a quattro piani con finestre ad arco ribassato; un tempo sulla facciata era dipinto il Marzocco, lo stemma della città di Firenze, con un leone sdraiato che stringeva nella zampa destra uno scudo con il giglio, simbolo della sottomissione di San Gimignano alla città.
A destra del palazzo si apre una galleria detta Arringo, dove il Podestà prestava giuramento dinnanzi al popolo, mentre sulla sinistra un largo portico che veniva utilizzato per le cerimonie pubbliche.
L'attuale merlatura del palazzo non è originaria, ma fu aggiunta nel 1881. L'edificio ospita oggi il Museo Civico, in cui si trovano opere pittoriche di scuola senese e fiorentina risalenti al XIII, XIV e XV secolo; tra i nomi più insigni di autori i cui lavori sono qui conservati ricordiamo NiccolòTegliacci, Taddeo di Bartolo, Benozzo Gozzoli, Domenico Michelino, Pinturicchio, Filippo Lippi.
Sulle pareti del palazzo si trovano inoltre affreschi raffiguranti scene di vita familiare di Memmo di Filippuccio e la Maestà di Lippo Memmi.
Nel 1323, con l'ampliamento del palazzo, venne anche costruito il cortile; al centro la cisterna, risalente al 1361, fatta edificare dal Podestà Iacopo di Carroccio Alberti; il cortile è affrescato con scene che rappresentano l'amministrazione della giustizia o soggetti religiosi come la Madonna col bambino, affiancata da San Gimignano e San Gregorio; l'opera risalente al XIV secolo, è attribuita da alcuni a Taddeo di Bartolo.